Bentrovato,
Io sono Matteo Lignelli e questo è il sesto episodio di Turnover. Tra le notizie di riserva di questa settimana primeggia un improbabile confronto esotico tra un buon calciatore e una leggenda spagnola. Poi skateboard, apnea e altre curiosità.
Buon Natal…Ah no, scusa, buona lettura.
Appuntamento tra due settimane!
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«Ha segnato il cigno-Gignac!». Era bellissimo urlarlo - con annessa esultanza scomposta - dopo un gol alla Playstation. Lo chiamavo così perché ero attratto da quella fantastica consonanza e solo più tardi ho scoperto che davvero ai tempi del Lorient lo avevano ribattezzato “il cigno nero”.
André-Pierre Gignac l’ho incontrato da piccolo quando io giocavo (troppo) ai videogiochi e lui al Tolosa. Era uno dei miei pupilli - ogni videogiocatore ne ha uno - un fedelissimo prima del Campionato master di Pes e poi della Carriera a Fifa. Lasciato lui il Marsiglia nel 2015 e io il joystick, ho perso le tracce. Finché su El País non pesco questo articolo: “Il Messico rivive il mito di Lángara, il miglior goleador spagnolo della storia”.
È Isidro Lángara, naturalmente, che con 124 gol deteneva fino a pochi giorni fa il record di reti per un calciatore europeo nel campionato messicano, fissato nel 1946. Settantaquattro anni dopo, con una marcatura in più, l’ha infranto proprio Gignac che da cinque stagioni gioca nel Tigres, ha alzato otto trofei e segnato 125 gol.
Mi ha fatto piacere ritrovare Gignac, ma ancora di più approfondire la figura di Lángara che dalla Federación Internacional de Historia y Estadística de Fútbol è considerato uno dei miglior di sempre.
Nato nel 1912 nel piccolo comune di Pasaia, Paesi Baschi, si è fatto valere nel Real Oviedo finché la Guerra civile non l’ha allontanato dalla Spagna. Ha trovato fortuna in Argentina, al San Lorenzo, facendo innamorare i tifosi con quattro reti al debutto. Diversi i calciatori baschi che si erano spostati nel Paese dopo la vittoria di Franco. In Messico ha giocato invece per il Real Club España, fondato da emigrati spagnoli all’inizio dello scorso secolo. Vinse tutto e fu il primo a fregiarsi del titolo di capocannoniere in tre paesi: tre volte in Spagna, una in Argentina e due in Messico, dove è diventato il più prolifico tra i calciatori europei. Prima di esser spodestato da Gignac. Almeno è ancora suo il primato di sette reti in un incontro. Il malcapitato avversario? L’Atletico Madrid.
Nel mentre nella terza divisione brasiliana si gioca con un uovo, anziché un cerchio, a metà campo. Avranno scambiato il Natale con la Pasqua?
Sempre su El País, mi ha attratto un pezzo sul complesso rapporto tra skateboard e Olimpiadi. Due mondi che convergeranno per la prima volta in estate ma che ancora si fa fatica ad accostare. Danny León, uno dei quattro spagnoli «virtualmente già qualificati» dice che comunque vada, anche se dovesse saltare l’appuntamento, proseguirà ad andare sullo skate esattamente come prima. «Non mi cambierà la vita solo per il fatto che adesso è uno sport olimpico». Immaginate un atleta di un’altra disciplina dichiarare qualcosa di simile?
La differenza sta qui, in coloro che lo praticano. «Considerano lo skateboard un modo di vivere e di esprimersi più di uno sport ad alta concorrenza, con la sua rigorosa disciplina di allenamento» si legge sul quotidiano. Dei quattro spagnoli col biglietto per Tokyo in tasca solo una, Andrea Benítez, segue un piano specifico di preparazione fisica. Gli altri si allenano quando e come vogliono.
Si impara per strada, anche dove non ci sono strutture omologate e le regole sono una cosa recente. In Spagna, riporta El País, non c'era un circuito nazionale fino al 2017, né gare femminili fino a quattro anni fa.
Pure per gli addetti ai lavori c’è un cortocircuito degli schemi tradizionali. Ad esempio, il reclutamento avviene molto spesso sui social network. È quello che è successo a Julia Benedetti, una dei quattro sopracitati, adocchiata dal suo selezionatore grazie a un video su Whatsapp. Eppure lei, 16 anni, fa parte della «nuova generazione» di skater, quelli che hanno imparato in una scuola.
C’è poi la storia di Alenka Artnik, 39enne slovena che a inizio novembre ha battuto il record mondiale di apnea, trascorrendo 3 minuti e 41 secondi sott'acqua dopo una discesa a 114 metri in monopinna. A celebrarla a dovere ci ha pensato il New York Times, con un articolo che racconta questa dea del mare ma anche quanto sia pericoloso provare ogni volta a superare i propri limiti.
Soprattutto se siamo stati noi a stabilirli. Ad Artnik apparteneva anche il precedente record, del 2019, 113 metri e ha approfittato di una piccola competizione a Sharm el Sheikh per migliorarlo.
«Non è pericolosa la disciplina in sé, quanto l'approccio che si può avere nei suoi confronti» spiegava l’apneista italiano Igor Liberti nei giorni della scomparsa dell’amico Nicholas Mevoli, morto dopo un'immersione in cui ha provato a raggiungere 72 metri con una singola inalazione e senza pinne. «Si è intestardito anche quando, a 60 metri nella discesa, aveva riscontrato dei problemi, forse di compensazione. Avrebbe dovuto rinunciare e tornare su, ma era ossessionato dai numeri. Voleva portare a casa i tre record di profondità americani. Ad ogni costo».
Il Nyt dipinge una Artnik impegnata a gestire un negozio di skate in Slovenia, senza particolari ambizioni e qualche problema con l’alcol. «Bevevo molto, quasi per sabotarmi, però sentivo che avevo di più da dare». Aveva ragione perché quando a 30 anni ha scoperto le immersioni è tornata a galla solo per il tempo necessario a tuffarsi di nuovo. Col primo corso di immersione libera in acqua ha raggiunto i 28 metri nel Mediterraneo. Dopo la morte di suo padre nel 2013 e la chiusura del negozio di skate nel 2015, Artnik ha venduto la casa di famiglia e ha iniziato ad allenarsi a tempo pieno. In quei giorni il record personale era di 49 metri, più che raddoppiato oggi. E l’impressione è che non abbia ancora finito.
Chiudiamo con gli eroici Tomás e Iñaki Armen, fratelli e tifosi del Boca Juniors. E fondatori della pagina “Minuto Boca”. Per placare l’astinenza da stadio hanno deciso di portarlo a casa loro. Nei reels pubblicati mostrano con una certa fierezza di aver dipinto la Bombonera su una parete di casa, dove poi sono state piazzate delle sedute blu e gialle, i colori della squadra. Beh, se in questi giorni hai del tempo libero puoi provarci anche tu…
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